domenica 31 maggio 2020

TEMPO AL TEMPO

Sta succedendo una cosa strana, in molte classi: pur nella fatica e nella stanchezza che queste nuove modalità didattiche, molti ragazzi stanno raggiungendo dei risultati davvero soddisfacenti.
Ne parlavo giusto l'altro giorno con il Pretino, il mio giovane e bravo collega di storia e filosofia: abbiamo proposto alla QuartaDiesel un lavoro interdisciplinare sull'idea di nazione (lui fa il Risorgimento, io Foscolo e Manzoni: siamo andati a nozze) e il risultato è stato davvero strabiliante.
E lo stesso sta succedendo in molte discipline: persino FrozenBlonde, il cui voto più alto, di solito, è 7+, si è detta molto soddisfatta delle interrogazioni sulla Romantic age.
E no, io non credo affatto che il merito sia della DaD e del digitale e di Classroom e Padlet e vattelapesca - anche perché, diciamocelo chiaramente, il 70% dei colleghi non ha fatto altro che ripetere in streaming l'usuale sequenza lezione frontale+interrogazione. 
Io credo che la variabile virtuosa, in questo caso, sia stato il tempo.
Già, il tempo. Quello che a noi adulti sembra sempre essere troppo poco - ed è per questo che ricordiamo con trasporto i tempi lunghi e dilatati dell'adolescenza e della giovinezza - e che invece i nostri studenti frammentano e dissipano nelle attività più disparate: non credo sia un caso che, in una serie di produzioni scritte libere (le "Istantanee dall'isolamento"), uno dei motivi ricorrenti sia proprio quello del "lockdown che ha messo in pausa una vita frenetica". Ecco: io, a sedici o diciotto anni, avrei potuto descrivere la mia vita con molti aggettivi, ma di certo non con frenetica.
E invece, per la prima volta, chiusi in casa, senza lezioni e senza uscite con gli amici - è vero - ma anche senza tre allenamenti settimanali, senza corsi di teatro e di dizione, senza corsi Cambridge, certificazioni linguistiche, tornei di Debate, partite nel weekend, corsi PON e amenità varie, per la prima volta i nostri studenti hanno avuto il tempo di dedicarsi allo studio con continuità e senza fretta, il tempo di rileggere due o tre volte un passaggio difficile, il tempo di aprire quel link consigliato dal prof, il tempo di leggersi un libro in più per piacere personale, il tempo di riflettere rimuginare masticare far sedimentare quello che spesso (loro, non noi) infilano dentro con l'imbuto [cit.].
E tutto quel tempo, tutto quel pensare (anche questo, del "tempo per pensare" è stato uno dei  loro leitmotiv ricorrenti), alla fine ha fruttato.
Perché molti sono davvero fioriti, come peschi a primavera.

1 commento:

  1. Incredibile quanto condivida questo articolo. Certo il prezzo da pagare è stato troppo alto: chi non aveva tempo, perché la sua situazione familiare era più complessa di quella di un adolescente italiano medio, chi non è riuscito a ritagliarsi uno spazio di distanza dai problemi ambientali, si è perso. È questa la consapevolezza più dolorosa.

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