venerdì 1 maggio 2020

CARTA E BIT

Ieri ho passato circa due ore ad inserire sul registro elettronico le valutazioni che ho dato finora ai lavori assegnati in DaD.
Due ore.
Sono stata da subito contraria all'idea di dare voti, tanto più a registro, alle attività a distanza - non possiamo firmare la presenza, mi pare di conseguenza logico che non possiamo neppure inserire dei voti - e l'ho detto apertamente nei tempi e luoghi deputati.
Poi, in una seconda riunione, evidentemente sceso a più miti consigli, il PresideManager ci ha proposto una delibera sulla DaD assolutamente accettabile e dignitosa (mi illudo che questo cambiamento sia dovuto, anche, ad un documento che gli ho fatto avere per interposta persona), che è stata votata a stragrande maggioranza.
Quindi, mi sono adeguata all'andazzo (al bastiancontrarismo c'è un limite, ed è quello dell'autolesionismo) e ho trascritto i voti.
Per due ore.
E, mentre lo facevo, ho pensato che, se avessimo avuto ancora i registri cartacei, sarebbero stati a scuola, chiusi nei nostri cassetti. Niente registro, niente voti. E, probabilmente, questo avrebbe costretto tutti a riflettere in modo molto diverso sulla valutazione nella DaD.

4 commenti:

  1. La cosa peggiore dell'uso del registro elettronico (in particolare alle superiori) è il fatto che ancora una volta si tenta di risolvere la complessità del rapporto genitori figli ricorrendo ad un mezzo di controllo che, ad un tempo, costituisce una delega. Un mezzo di controllo, perché nelle mani dei genitori iperansiosi o autoritari, non lascia alcuno spazio di trasgressione ai figli (non si può marinare scuola) e di autonomia (potrei anche prendere un brutto voto, senza dirtelo, ma cercare di recupera l'insufficienza e solo a questo punto farti sapere cosa è successo, dimostrandoti che me la so cavare senza che tu genitore mi stia con il fiato sul collo). Di delega perché tocca sempre alla scuola informare, chiarire, ricordare, avvertire, ammonire, comunicare. Non passa più per la mente di nessun genitore che magari tocca alla famiglia instaurare un dialogo decente con il proprio figlio e venire a sapere da lui, quindi attraverso la sua mediazione, che cosa accade a scuola. Risultato: figli e genitori totalmente deresponsabilizzati; crescita dell'autonomia personale zero; comunicazioni scuola/famiglia che rasentano il ridcolo. Esempio: invio di lettera alla famiglia, successiva alla consegna della pagella, in cui si evidenziano le insufficienze ottenute dall'allievo e s'invita la famiglia ad un colloquio con il coordinatore di classe, che ripeterà al genitore - che avrà dovuto prendersi un permesso dal lavoro per andare a scuola - le stesse cose che il genitore avrà potuto desumere da una lettura mediamente attenta della pagella. Oddio, qualche collega riesce a menarla per delle mezze ore (soprattutto sfinendo il genitore sull'IMMATURITA' del figlio - che è immaturo di default, per condizione anagrafica e perché fin da quando era bambino non c'è stato un adulto che abbia provato a riconoscergli un po' di autonomia e senso di responsabilità, né i genitori, né la scuola, perché ciò significherebbe anche correre e far correre qualche rischio) ma il risultato è il medesimo. Tutta questa perdita di tempo, dalla prospettiva della scuola, si giusifica per "far contento" il temuto magistrato del TAR e, da parte della famiglia, perché i docenti non pensino che i genitori non seguano i loro figli e non rispettino i loro insegnanti. Non sono contrario ai colloqui con le famiglie, ovviamente, ma sono contrario ai colloqui inutili con le famiglie.

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    1. Mi son scordato di firmare - Unknown 9 maggio 2020 ore 15:16 Lo faccio ora Giovanni Paiano

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  2. @giovanni: sono perfettamente d'accordo

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  3. Da me non registriamo voti, si appuntano su un'agenda; da questa macedonia verrà fuori un voto finale. Omiodddiooo!

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